West of Eden

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Due uomini cavalcano all’orizzonte, come ombre infuocate dal tramonto. Il primo era tutt’uno con l’animale, fluido nel trotto che spaccava in due la desolazione del deserto, senza fretta. Il secondo più che altro rimbalzava sulla sella, tenendosi aggrappato alle briglie mentre il cavallo si sforzava di sbatterlo di sotto. Quando si fermarono al riparo di uno spuntone di roccia rossa, il suo sospiro di sollievo si mescolò al vento sferzante.
Il primo uomo smontò di sella in un balzo, come se non avessero cavalcato per ore.
“Spero che a mira tu stia messo meglio.”
Il secondo stava scivolando giù dalla groppa del cavallo, indeciso se lasciarsi andare oppure no. Alla fine crollò in un tintinnio di speroni, ma si raddrizzò subito e accorciò la distanza che lo separava dall’altro. Anche se la differenza di statura lo costringeva a guardarlo dal basso in alto, lo faceva con un’aria da vero duro, rovinata solo un tantino dalla mano piantata sul cappello per non farlo volare via.
“Se ti ho dato il nostro unico fucile, vuol dire che conto sulla tua di mira, non credi?”
Mentre parlava, si tirò su i calzoni e rimase a gambe larghe. Ruminava la sua stessa saliva, pronto a sputare non appena il vento si sarebbe deciso a farla finita.
L’uomo di fronte a lui, un biondo dagli occhi di ghiaccio, socchiuse gli occhi e sospirò. Era chiaro che la sua faccia non fosse abituata a esprimere sentimenti, eppure il fastidio le riusciva piuttosto bene, bisognava riconoscerglielo. Prese un sorso dalla borraccia, ma la sua voce rimase roca.
“Senti, io ti sono grato per essere venuto a portarmi via dai lavori forzati…”
“Era il minimo, dopo aver mancato il colpo alla corda dell’impiccagione.”
“Sì, devo ringraziare anche l’avvocato. E l’avvoltoio che si è preso la tua pallottola.”
“Arrosto non era niente male.”
Il cowboy scacciò quelle facezie con uno scatto della mano.
“Adesso però che me ne faccio di te? Non sai cavalcare, non sai sparare. Io vado al ranch dei maledetti che mi hanno incastrato per ammazzarli, non per farci due risate.”
“Ascoltami bene, biondo. Io ammazzavo gente, quando tua madre giocava ancora con le bambole. Basterebbe non arrivare cavalcando a mezzogiorno ed evitare i duelli.”
“Io non sono un assassino.”
“Massì invece.”
Lo sguardo dell’uomo più alto si fece duro come la roccia. Si accese un sigaro, prese un paio di boccate. Non migliorò la situazione.
“Tu che proponi di fare?”
“L’America è grande, ricomincia da un’altra parte. E al diavolo quei bastardi.”
Il cowboy sembrò pensarci su. Fu un attimo, poi scoppiò a ridere. Non gli riusciva tanto bene, ma andò avanti per un po’, come se dovesse mettere in chiaro il punto.
“Nemmeno se fossimo gli unici uomini sulla faccia della terra.”
“Anch’io la pensavo così, una volta. Ma guarda che, se non ti ammazzano loro, finirà allo stesso modo: con te che cavalchi verso il tramonto, diretto chissà dove. Non conviene risparmiarsi la scocciatura del massacro e proseguire?”
“Per dove?”
L’uomo più basso si sfregò la fronte, sotto al cappello.
“E’ il problema delle storie di vendetta. Non vanno mai oltre con l’immaginazione.”
“Cosa diavolo…”
Un colpo di fucile riecheggiò nel deserto.
Il biondo alzò lo sguardo e il fucile allo stesso momento. Quei bastardi gli venivano incontro, ma aveva abbastanza pallottole per tutti. Fece cenno al suo compare di nascondersi, quindi si appostò dietro a una roccia. Solo un momento prima di mettersi a prendere la mira, si accorse di essere rimasto solo. Non se ne preoccupò, anzi, ebbe la sensazione che finalmente le cose fossero andate apposto: negli anni passati a sognare la sua vendetta, tra una pietra da spaccare e l’altra, non aveva mai pensato a nessun altro. Tant’è che, quando vide la faccia del nemico attraverso il mirino, faticò a riconoscerla e non solo per i segni dell’età. Eppure il dito sul grilletto non esitò. Bang!

Categorie: Gola - Le frittelle di Caino

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