Le vie di Caino

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A Caino piace correre. Ci si può fare dell’ironia, pensando a qualcuno che è sempre stato scacciato, nei secoli e nei secoli, ma questo fatto non cambia. A Caino piacere correre, quando è lui a decidere di farlo. Non gli salta neanche in testa di sfiorarsi il marchio sulla fronte e guadagnare tempo o terreno, ritrovandosi dove deve essere. Come piace dire a tutti i fricchettoni del mondo, l’importante è il viaggio.
Caino, però, assomiglia più che altro a un pugile di strada. La felpa sdrucita con il cappuccio calato sugli occhi, le scarpe da tennis sdrucite e qua e là una chiazza di sudore. Non è un bel vedere, siamo tutti d’accordo, ma lui se ne frega. Corre.
A volte ascolta un po’ di musica, roba di tutte le epoche e tutti gli stili; altre si concentra soltanto sul tonfo regolare delle suole sull’asfalto o sulla terra battuta o sul fango; ogni tanto invece non fa nessun rumore, silenzioso come chi è abituato a tramutarsi in ombra quando serve. Del resto ci sono posti in tutte le città dove non vuoi dare nell’occhio, vale per Enoch come per New York. Non che per lui sia un problema svignarsela, ma ti rompe il ritmo e fa mancare il fiato.
Più di tutto a Caino piace guardarsi intorno, mentre corre. Sceglie bene i posti, a seconda dell’umore. La maggior parte delle volte preferisce fare l’eremita, in qualche foresta vergine o in tempi dove di gente in giro ce n’è davvero poca. Le città comunque sanno essere solitarie e desolate come nessun altro luogo, dipende tutto dall’orario. Puoi startene per ore a studiare i segni lasciati dalla gente, giocando al provetto cacciatore sulle tracce di chissà quale balena bianca. A Caino piacciono i murales, e non solo i bei graffiti da artisti sotto mentite spoglie, ma anche le scritte delle bande, gli insulti che si aggiornano e rincorrono, le patetiche dichiarazione d’amore tra adolescenti. Scampoli di vita, roba che poi un vulcano decide di eruttare e della grande Pompei ti resta soprattutto questo.
Più di rado a Caino va un po’ di compagnia, non per scambiare quattro chiacchiere, ma solo per correre insieme. Testa a testa, come in una gara, o in fila indiana. Fissare la schiena di uno più veloce è tutto quello che gli interessa davvero. Lo aiuta a ottenere il suo scopo. Scaricare la rabbia che ogni tanto sale fino a stringergli la gola e fargli strabuzzare gli occhi. La mano di Abele, la chiama, quella che sale insieme ai ricordi per strangolarlo. Una specie di vendetta che nessuno sospetterebbe mai.
Perché il marchio lo farà anche andare ovunque e, con una buona dose d’ironia, il Signore ha fatto sì che le vie di Caino siano infinite. Ma, quando tutte le strade ti riportano nel posto da dove vorresti scappare, l’unica cosa che ti resta è goderti la corsa.

Categorie: Gola - Le frittelle di Caino

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