Stonata di corte

 

pasquini

Re Luigi XIV applaudì e tutti i convitati a Versailles lo imitarono di riflesso, come fanno le stelle con la luce del sole. Il compositore italiano, Bernardo Pasquini, si alzò dalla tastiera del clavicembalo per inchinarsi, sotto lo sguardo d’approvazione del cardinale legato Flavio Chigi, nipote di Papa Alessandro VII, che l’aveva portato con sé in visita alla corte di Francia. Persino il sovrintendente e compositore della Chambre, Jean Baptiste Lully, concesse un benevolo battito di mani allo straniero che sedeva al suo posto. Nel frattempo la sua orchestra si stava già schierando per la controffensiva.
Il maestro si fece avanti, allargò le braccia e diede l’attacco. L’armonia di liuti e arciliuti era commovente, la melodia degli archi sublimi e i fiati poi… Orripilanti. Qualcosa di stridente s’insinuava in ogni battuta, mentre il sovrintendente scrutava a uno a uno i suoi musicisti con lo sguardo affilato di un inquisitore. Un oboista non perfettamente a tempo sudò freddo, il suo collega al clarinetto era ormai paonazzo, sebbene non avesse sbagliato nemmeno un dettaglio della diteggiatura. Non era lui il colpevole, ma il peso dell’omertà lo stava schiacciando e, quando le regali orecchie si resero finalmente conto del disastro, fu quasi un sollievo. A un gesto del sovrano, la musica dissonante s’interruppe.
Il maestro Lully cominciò a borbottare qualcosa, finché il Sole sorrise benevolo e invitò Pasquini ad avvicinarsi. Dopo una serie d’inchini, il maestro italiano indicò il problema.
“Uno dei flautisti, vostra maestà.”
Erano in tre. Il resto dell’orchestra aveva fatto il vuoto intorno a loro. Il primo teneva lo strumento di fronte allo sterno, come un moschetto; il secondo lo nascondeva dietro alla schiena; il terzo lo teneva tra le mani, pronto a spezzarlo come un giunco.
Il terzetto, però, tenne ben poco la nota: il primo e il terzo flautista arretrarono, perfettamente all’unisono, smascherando il colpevole. Rimase solo con il sorriso del Re.
“Perché nascondi il tuo strumento?”
A capo chino, l’uomo rivelò il flauto che teneva dietro alla schiena. Era d’osso e aveva qualcosa di primitivo che lo rendeva del tutto fuori contesto.
“Curioso.”
Il Sole fece una risatina e la tensione si allentò tra le stelle.
“Tu non sei nato suddito di Francia, vero flautista?”
“No.”
Secco, forse persino sgarbato. La corte sospese il fiato, il musicista alzò la testa, Luigi non perse un briciolo della sua compostezza.
“Sembrava quasi che tu suonassi una musica tutta tua.”
“Sì.”
“Ebbene, ha un titolo questa bizzarra melodia?”
“La ghigliottina.”
Il sorriso del Re Sole si fece perplesso, anche se solo per un attimo.
“Una parola straniera, nevvero? Mi chiedo cosa significhi.”
“E’ una specie di frittella.”
“Temo di non avere mai avuto il piacere di assaggiarla.”
L’uomo si strinse nelle spalle, con una sfacciataggine inaudita.
“Non è ancora molto popolare nel regno, ma secondo me è solo questione di tempo. Scommetto che già vostro nipote ci perderà la testa.”

Categorie: Gola - Le frittelle di Caino

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