Jazz – Passo dopo passo

Quando Oscar ha tirato fuori l’idea di Louis Armstrong, ho pensato: “Oh yeah!”. Non mi sono preoccupata granché di non essere venuta su a pane e jazz, l’importante era che la canzone mi piacesse e che il musicista fosse un’icona riconoscibile per tutti. Requisiti ampiamente rispettati. Quindi mi è subito venuto in mente di disegnare un ritratto di Armstrong, scegliendo tra le sue varie foto celebri, per poi giocare a renderlo qualcosa di diverso da una riproduzione. Il primo assist mi è arrivato da Oscar che mi ha telefonato per raccontarmi la storia del cartello “No improper dancing” che veniva affisso nei jazz club per darsi un’aria pulitina, per famiglie insomma. Mi è piaciuto subito e l’ho inglobato senza pensarci nella figura di Satchmo.
Dopo essermi data al solo disegno per Grendel, però, volevo inserire a tutti i costi anche un elemento fotografico. Il mio intento con l’illustrazione era farla sembrare un manifesto, solo per poter mettere in discussione quest’idea. Mi serviva vita, mi serviva un pubblico. Così ho cercato delle fotografie adatte e le ho stampate. E’ andato tutto bene fino alla prima foto, alla seconda la stampante si è messa a sputare blu. Alla terza idem. Orrore e tragedia, con la scadenza sempre più vicina. Alla fine ho deciso di provare a mettere insieme le foto che avevo, accostandole al disegno e mi sono resa conto che quel tono di blu mi piaceva. Perciò ho ristampato l’unica foto “buona”, in modo che fosse adeguatamente rovinata. Dopotutto nel jazz l’improvvisazione è fondamentale, no? Per ottenere il risultato finale ho fissato a una parete il disegno, per poi approntare il cavalletto e schiavizzare Oscar per muovere le sagome ritagliate del pubblico davanti a Louis. Abbiamo provato un po’ di movimenti e un po’ di tempi di scatto diversi, da qui le varianti che mi hanno messo nell’imbarazzo della scelta. Non avevo intenzione fin dall’inizio di scegliere la variante illuminata con le luci rosse, ma in conclusione mi sono lasciata conquistare dall’idea dei colori primari che, anziché fare a botte, giocano di squadra. Come gli ottoni in una melodia.

Maria

Non posso dire di essere un intenditore di musica jazz e nemmeno un appassionato: quando si discosta dal ragtime per complicarsi verso la fusion, sono proprio tagliato fuori. Eppure il jazz ha un posto nel mio immaginario, ce l’hanno i suoi interpreti talmente famosi (e con soprannomi talmente fantastici!) da arrivare fino alle mie orecchie e ce l’hanno i suoi club. Si tratta comunque di uno strano posto, un mix bizzarro tra stereotipi e aneddoti che mi sono rimasti impressi, perciò, prima di poter abbozzare una storia con Louis Armstrong di mezzo, ho dovuto documentarmi un po’.
Non ci vuole molto di questi tempi per trovare la biografia di qualcuno, ma quello che volevo più di tutto erano le opinioni di veri appassionati, in modo da potermi fare un’idea su cosa loro sentono in quello che per me è poco più di un motivetto orecchiabile. Tra le varie testimonianze, la più preziosa in fatto di musica è stata quella di un blogger competentissimo che mi ha permesso di mettere un po’ di ordine nella mia testa. Forte di questa illuminazione, ho cercato l’ultimo pezzo del puzzle: un teatro per gli eventi. Mi sono così imbattuto in alcuni articoli sulla Roseland Ballrom di New York, una storica sala da ballo recentemente abbattuta. E’ stata dura decidere di lasciare a Maria il cartello “No improper dancing”, ma per i testi delle frittelle mi sforzo di fare della brevità una bandiera e a volte bisogna essere generosi.
Dal punto di vista stilistico sono tornato a sfogliarmi un po’ di Raymond Chandler, senza grosse pretese d’imitazione. Anche se i gialli non hanno mai stuzzicato il mio interesse, trovo che i suoi noir abbiano una voce godibilissima. Non che per quanto ne so Caino ami andarsene in giro con l’impermeabile e il cappello alla Dick Tracy, ma direi che il suo contagioso buonumore non è poi troppo distante dalla ruvidezza dei detective come Marlowe. Di sicuro loro fanno parte integrante di quell’immaginario da dopoguerra che ribolle di tanto in tanto nei miei pensieri, a ritmo di jazz.

Oscar

Categorie: Accidia - Le fatiche per Caino

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