Cainiti

uriele

Caino sgattaiolò fuori dal camerino, imboccando subito la rampa di scale per la passerella sopraelevata. Nonostante le vibrazioni del metallo, scivolò sopra la platea come un’ombra, come uno spettro, come… In realtà nessuno guardava in alto.
La gente in piedi che gremiva il cratere davanti al palco era troppo impegnata a generare un brusio da sciame, distraendosi solo per lanciare di tanto in tanto un’occhiata al sipario. Giuda, da bravo uomo di spettacolo, li stava lasciando rosolare.
Il primo assassino ebbe così tutto il tempo di scendere in prossimità dell’ingresso e mescolarsi alla folla come un ritardatario qualsiasi. Non si era mai interessato granché agli affari della setta dei Cainiti, ma quella sembrava l’occasione buona per rimediare. Dopotutto se qualcuno ti dedica un culto, è buona creanza scambiarci almeno quattro chiacchiere sul tempo. Avanzò finché la ressa si dimostrò abbastanza malleabile, fermandosi a ridosso delle prime file dove la gente presidiava a spalle larghe il proprio posto. A conti fatti era piuttosto liberale, per essere un convegno di eretici.
L’ingresso di Giuda venne annunciato da una roboante esplosione di musica cacofonica. Per Caino, appassionato di lunga data dei duetti per arpa e sistro egizi, l’impatto con l’heavy metal fu un vero infarto: mentre gli altri applaudivano, lui riprendeva fiato.
Infine, sul ricamo elettrico delle chitarre, s’intrecciò il discorso dell’Iscariota.
Ancora mezzo assordato, Caino non trovò difficoltà a ignorarlo, preferendo lo spettacolo offerto dai seguaci. Borchie e pelle andavano per la maggiore, per non parlare delle croci ansate: uomini e donne le portavano al collo con la stessa disinvoltura. Al primo assassino sembrava piuttosto smaccato come segno di riconoscimento, ma in quel momento il filo dei suoi pensieri venne troncato da un urlo collettivo.
“Gloria alla spada di Caino!”
Questo sì che era inaspettato. Di cosa diavolo stava blaterando Giuda? Nella foresta di braccia levate, Caino non riusciva nemmeno più a vedere il palco e cominciò a spazientirsi. Il suo primo istinto fu quello di farsi largo per conquistare la ribalta, ma ci rinunciò subito: non poteva rovinare lo sporadico spasso di un dannato, tanto meno di uno condannato a passare il resto dell’eternità tra le fauci di Lucifero. Povero Giuda, la cosa migliore da fare era andarsene e lasciarlo giocare con il suo nome.
Ora che lo spettacolo era in corso, però, la folla non aveva più tanta voglia di essere disturbata. Si guadagnò l’occhiataccia di una valchiria in calze a rete, seguita dallo spintone di un obeso barbuto e infine sulla sua strada si piazzò un damerino con l’impermeabile amaranto. A spalleggiarlo c’era un terzetto di compari che sembravano la versione ridotta e gotica dei Village People.
“Dove cazzo credi di andare, neonato?”
Caino sbatté gli occhi, leggendo il labiale del ventenne davanti a lui. Perché diavolo aveva i canini appuntiti? E come gli saltava in testa di dargli del poppante? Guardò gli altri tre e notò che anche uno di loro aveva i denti aguzzi.
Più perplesso che irritato da quella dimostrazione di nonnismo, il primo assassino tentò ancora di farsi largo e venne di nuovo trattenuto. Ora il ragazzo stava urlando, appena sopra la sua spalla, tanto che riuscì a sentire qualcosa.
“… Ductus della Spada di Caino, cacciatore di…”
Stufo di sentir cianciare della sua fantomatica spada, Caino se lo scrollò di dosso con uno spintone, ma uno degli altri tre si affrettò a sostituirlo. Sembrava più calmo e teneva la mano destra bene in vista, con il pollice e l’indice aperti in una specie di semicerchio. Non aveva l’aria di una minaccia, piuttosto di un codice rituale: per questo il primo assassino gli permise di avvicinarsi abbastanza da sussurrargli all’orecchio.
“Sei nuovo, vero? Guarda che se devi andare fuori gioco, basta che fai così con le dita.”
Gli sorrise comprensivo, nonostante avesse il bavero rigato di sangue e le maniche strappate. Uno spesso fondo di cerone bianco lo faceva assomigliare a un cadavere.
Ormai Caino era troppo confuso per continuare a starsene in silenzio.
“Ma siete i Cainiti?”
“Certo. Cainiti è il nome che si usa per tutti noi vampiri.”
Questo era troppo,: un ragazzino sovrappeso, con la barba sfatta e l’alito pesante di birra voleva dargli a bere di essere un vampiro. A lui, Caino, padre dei mostri.
Stava per dirgliene quattro, quando l’ennesima esplosione di musica calamitò gli sguardi dell’intera platea verso il palco. La sua mano invece corse al marchio.

Quando i Village People dark e il loro litigioso leader tornarono a voltarsi, non c’era più.
“Dove diavolo è andato il niubbo?”
“Che ti devo dire? Avrà Oscurazione a 5.”
Risero come degli scemi, prima che il capo riprendesse il controllo.
“Dai ragazzi, che se i master ci beccano fuori gioco s’incazzano. E poi finisce che…”
“GLORIA ALLA SPADA DI CAINO!”

Categorie: Gola - Le frittelle di Caino

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