Le vie di Caino – Passo dopo passo
A pochi chilometri da casa mia, non distante da Lecco, c’è Consonno.
Sperduto tra le colline della Brianza, un intero paese è sorto, per poi tramutarsi in un casinò con balera e infine morire. Una città dei balocchi, sorta per il sogno (qualcuno dice la follia) di un anziano industriale. Ora nella sua carcassa, fatta di stanze sventrate e tristissimi cartelli arrugginiti che lo proclamano il paese più piccolo ma più bello del mondo, le persone vanno a passeggiare, a fare festa e a osservare il misero disfacimento di una vita, o forse di un’era, passata.
I muri si sono ricoperti di scritte, i vetri delle finestre sono stati infranti, poltrone venute da chissà dove sono spuntate qua e là come strani funghi, piantati da qualche folletto notturno. Troppo silenzioso per essere notato durante i rave party, dove maree di ragazzi si ritrovano per ballare su quello che resta delle rovine dei sogni di un rispettabile imprenditore. Caino ne sarebbe assolutamente fiero.
Le mie foto hanno molto meno storia alle spalle: ho portato ancora una volta Oscar tra le rovine, scattando con tempi di esposizione molto, molto lunghi. Un aggiustatina qua e là e una composizione per darvi un’idea di quanto sia romanticamente devastato questo posto. In questo work in progress potete vedere anche qualche foto degli esterni, con il minareto del casinò e quel che resta dei muri del paese.
Se vi piacciono le atmosfere da film dell’orrore e i murales imbrattamuri, andate a farci un giro. Non resterete delusi e magari vi ritroverete a correre tra i rottami insieme al nostro eroe. Io non ci tengo proprio!
Maria
Nemmeno stavolta volevo scrivere la solita storia di Caino che incontra a qualcuno. Ho pensato a uno stacco vero e proprio, a un po’ di solitudine. Pensando alla citazione, mi è sembrato più interessante parlare di violenza evitata, sfogata piuttosto che manifesta. Inoltre mi sarei sentito poco a mio agio ricreando in maniera realistica un’atmosfera urbana da periferia, da ghetto, da musica rap e da mille altri stereotipi che per me sono solo tali. Quando si scherza si scherza, altrimenti è meglio non fare i seri a sproposito.
Purtroppo quest’anno le cose vanno a rilento, ma per un po’ di tempo Maria e io (diciamo soprattutto io, lei non è stato molto dell’idea, devo dire) ci siamo divertiti a correre insieme. Trovo che sia liberatorio, soprattutto quando hai avuto una giornata storta e ti torna comoda una scusa per startene un po’ da solo, o con chi ti conosce anche meglio di te stesso. Senza parole. Bruciando energie.
Ho pensato che anche Caino avesse bisogno di una valvola di sfogo e, visto che abbiamo deciso che non può strafogarsi delle sue stesse frittelle, tanto vale dargli un passatempo che lo tenga anche in forma. Anche senza svelare mai la sua faccia, me lo immagino nervoso, cupo, umorale. Una volta tanto ho voluto mettere il pilota automatico, per tutti e due, lasciando andare le parole senza preoccuparmi di mettere insieme un abbozzo di trama, o di tirare le somme con un colpo di scena. Abbiamo corso un po’ insieme, Caino e io, e mi piace pensare che una volta rientrati a casa non abbia voluto prendermi a calci, una volta tanto. Né alzare la voce. Solo riprendere fiato.
Oscar
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