Sedie delle streghe
Camminare in montagna è dura, se non sei allenato. Ed è ancora più dura, se di solito per andare da un posto all’altro ti basta strofinarti la fronte. Certe cose, però, vanno fatte come si deve e Caino aveva deciso di prendersela con calma, impiegando giorni di fatica e notti all’addiaccio per arrivare fino ai dintorni di Castelrotto in Alto Adige, dopo la partenza dal Rio Caino in Trentino. Un viaggio solitario, di quelli che ti permettono di fare quattro chiacchiere con te stesso e magari scoprire che in fondo non sei tanto male. Tuttavia, quando il primo assassino si mette in marcia, di solito è per incontrare qualcuno e stavolta non fa eccezione.
Infatti nel bosco, sfuggenti e capricciose, dimorano le streghe. Difficile crederci, penserà qualcuno, a un tiro di sasso dalle cittadine pulite e ordinate, dallo scalpiccio dei turisti e dal profumo dello strudel di mele. Ma il punto alla fine è proprio questo: riuscire a credere. Non che Caino ne faccia un vanto o una consolazione, visto che credere alle streghe significa accettare che i loro scranni di pietra spariscano e ricompaiano a piacimento per il bosco. Un momento ti sembra di vederli, lì, accanto a un tronco abbattuto, e quello dopo ti rendi conto di aver preso un abbaglio, l’ennesimo. In questi casi l’abitudine a perdersi è tutto e, pur non essendo un tipo paziente, il primo assassino sa essere più ostinato del temporale e ha la testa più dura della montagna.
“Di giovedì, quando piove e c’è il sole, le streghe si pettinano.”
Un proverbio, se lo prendi sul serio, non è poi tanto diverso da una formula magica. Basta continuare a ripeterlo, Caino lo sa e ci resta aggrappato con tutta la sua cupa testardaggine. Fino a vederla.
Un’ombra di donna che volteggia su cuscini di muschio, troppo veloce per seguirla con lo sguardo, figuriamoci con i piedi. Stanco per la lunga salita, l’uomo boccheggia ed esita, prima di riconoscere il riflesso del sole sulla pietra scura e sbeccata. Le sedie delle streghe, sempre in coppia, squadrate e scabre. Dietro ai sedili appena accennati, una ciocca di capelli biondi nel vento e un attimo dopo la donna balza in piedi sul trono. E’ nuda come una fiera dei boschi, anzi, come la stessa madre di Caino nei ritratti… Anche se non c’è traccia di pudicizia, nel modo in cui i capelli lunghissimi le cadono intorno al corpo. E di foglie di fico, nemmeno a parlarne.
“Prostrati al mio cospetto, mortale.”
“Veramente io…”
“Prostrati, ho detto!”
Il tono non è autoritario, nasconde una risata in piena vista. L’uomo, però, la asseconda almeno in parte, posando a terra il sacco di iuta che il sole gli ha incollato alla schiena.
“Dove sono tutte le altre?”
Lei si stringe nelle spalle.
“In giro. Tra gli alberi. Per i secoli. Su scope di saggina, dentro calderoni ribollenti, in mezzo agli occhi di un intero stormo di corvi. Chi può saperlo, se non tu?”
Nonostante l’insolenza che impregna ogni parola, il suo sguardo cade sempre più spesso verso il sacco e Caino si affretta a reprimere un ghigno.
“Mi basta sapere che ve la passate bene.”
“Troppo premuroso!”
E mettendo in scena un inchino, fasullo come la pietra filosofale, scioglie la corda e ormai a carponi fruga, alla ricerca della tanto agognata ricompensa. Un battito di ciglia dopo, gli angolo della sua bocca sono sporchi di zucchero.
“Patto rinnovato.”
Sorride, una bambina troppo cresciuta e di una bellezza spaventosa.
“Sì, continuate a fare le cattive ragazze. E lasciamo credere al resto del mondo che sia Lucifero, a farvi il filo.”
Lui ammicca, ma non ha un briciolo della sfrontata leggerezza di lei. Infatti, invece di stare al gioco, la strega scende dalla sua sedia e si avvicina a Caino, fino a poterlo sfiorare. Il suo alito è bruma e mora.
“Sei un tipo strano, te l’hanno mai detto?”
L’uomo arriccia una ciocca di capelli biondi intorno al dito e, senza alcuna tenerezza, strattona fino a districare un nodo. La donna balza di nuovo indietro, chiudendosi in un silenzio risentito.
“E’ giovedì, mia cara. E c’è il sole.”
“Ma non pio…”
In quel momento un tuono squarcia il cielo: un temporale improvviso, di quelli che scoppiano solo tra i monti, cade a bagnare il muschio e gli aghi di pino. La strega ride a squarciagola, Caino imita il suo inchino farsesco e con l’ultimo svolazzo della mano si sfiora la fronte. Magia.
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