Categoria : Accidia - Le fatiche per Caino
Categoria : Accidia - Le fatiche per Caino
E siamo all’ultima spiegazione… Chi l’avrebbe mai detto? Ritrovarmi alla fine di questo lungo viaggio insieme mi rende un po’ malinconica e triste. Ci sono stati momenti in cui ho pensato: ma chi me l’ha fatto fare? La costante compagnia di Caino, però, è stata una piacevole fatica e un costante sprone a fare qualcosa di bello ogni settimana.
Per concludere alla grande, volevo sfatare l’unico tabù delle mie sperimentazioni di queste settimane: il ritratto di Caino. L’immagine proibita che abbiamo sempre fuggito come il nostro protagonista scappava dal ricordo del fratello. Rappresentare Caino, però, mi ha costretta a cimentarmi con un bel dilemma. Volevo che il ritratto fosse molto realistico, ma da chi prendere in prestito le sembianze del nostro eroe? Potevo davvero prendere una foto qualsiasi da internet per usarla come riferimento? In un certo senso suonava sbagliato. Dopotutto quando ti ispiri a una foto, è sempre la faccia di qualcuno e rivestire Caino con quella di uno sconosciuto non poteva essere giusto. Serviva la faccia di un amico per quello che in un anno era diventato non solo il nostro protagonista, ma anche un caro, fastidiosissimo amico.
Sono andata quindi a scavare nel mio hard-disk alla ricerca di una foto che sapevo sarebbe stata perfetta. Il ritratto di Mauro. Mauro era più di un amico per me, lo considero il mio maestro e la persona che più mi ha influenzato e accompagnato durante la mia crescita artistica. Utilizzare la sua foto aveva per me anche un significato molto personale, perché purtroppo Mauro ci ha lasciato a Novembre ed è da allora che volevo fare qualcosa per ricordarlo. Un omaggio al ruolo tanto importante che ha avuto nella mia vita. Ho impiegato molto tempo e molta attenzione per realizzare questo ritratto. Doveva essere perfetto. Per lui.
Sono soddisfatta dal risultato e credo sinceramente che sia uno dei miei disegni migliori. In un certo senso è servita anche a esorcizzare il dispiacere e il senso di colpa che inevitabilmente si provano in momenti come questi, quando ci si domanda se si è riusciti davvero a sfruttare appieno ogni momento insieme a una persona cara che d’improvviso non c’è più. Io faccio così, anziché rispondermi di solito disegno.
Per il tocco finale ho aggiunto una spolverata di farina, per legare insieme Mauro e Caino in questa ultima frittelle dal sapore dolce-amaro. Ciao, amici miei.
Maria
Non ci posso ancora credere che abbiamo finito. E’ vero che di solito le storie assumono significato con la fine, ma questa nostra folle avventura con Caino è stata così sregolata, ondivaga e talvolta priva di trama da lasciar pensare a un’eccezione. Invece abbiamo fatto per il possibile per mettere in campo il nostro meglio, per fare un saluto e una linguaccia a Caino, oltre a chi ha voluto seguirci fin qui.
Dovendo portare all’estremo il gioco delle frittelle, ho farcito quest’ultima di tutte le citazioni che mi sono capitate a tiro sul tema della tentazione. George Bernard Shaw, Sant’Agostino, Jim Morrison, la Principessa Sissi, Oscar Wilde, tutti dietro a Borges.
Si direbbe che Caino sia uno facile alle tentazione, eppure non gli sono bastate tutte queste spinte. Del resto quando sei un testone, c’è poco da fare.
In una cacofonia di voci eminenti come queste, è dura farsi sentire e così ho deciso di usare poche altre parole, per avere almeno una speranza di spuntarla. Non volevo un Caino frignone (me l’avrebbe fatta pagare cara), né un Caino redento (non ci avreste mai creduto) e mi rendo conto che in realtà non sapevo bene cosa avrei voluto. Alla fine, quando si ha a che fare con uno spaccone così, l’importante è riuscire a dargli un tono, qualunque cosa faccia alla fine. Non si può non dargli l’ultima parola.
Stavolta, però, si dà il caso che la chiosa finale spetti a me e, a essere sincero, non mi viene in mente nulla di abbastanza memorabile. Abbiamo fatto tante cose in quest’anno di pasticci con farina e inchiostro, tante in più ne avremmo voluto fare. Mi diverto sempre con Maria, ma questa è stata anche una sfida che ci siamo lanciati, sotto il ghigno divertito di Caino. Ci sono state settimane in cui abbiamo pensato di non poterne più, a volte ci siamo dovuti spronare l’un l’altra, per non mancare il nostro appuntamento o quanto meno non peggiorare la situazione con i ritardi.
Negli ultimi tempi, poi, abbiamo dovuto fare i conti con una difficoltà aggiuntiva. Non ve l’abbiamo detto e non mi pare che nemmeno Caino abbia fatto la spia, ma il primo giorno di primavera ci sposiamo. Maria e io, eh, Caino non c’entra niente in questa cosa. Ce lo porteremo dietro sempre, certo, perché un viaggio così non si dimentica. Magari ci appenderemo qualche bella illustrazione della mia dolce metà in casa, di certo ogni tanto verremo a sbirciare su questo sito quello che siamo riusciti a fare.
Perché va bene rivolgere il pensiero al futuro, ai propositi, ai piani e alle speranze, ma, come c’insegna il nostro amico Caino, non si può fare a meno di viaggiare anche all’indietro. La nostra storia, in fondo, è tutto ciò che siamo.
Oscar
Categorie: Accidia - Le fatiche per Caino
Caino camminava avanti e indietro, grattandosi senza sosta la fronte.
Avanti…
In un salotto vittoriano, meno sfarzoso e ipocrita di tanti altri. Seduto a un tavolo un uomo barbuto e brizzolato, intento a tagliuzzare del sedano come fosse una succulenta bistecca. Solleva lo sguardo, sotto le sopracciglia cespugliose da vero irlandese.
“Amico mio, non resisto mai alle tentazioni. Perché ho scoperto che le cose che non mi fanno male non mi tentano.”
Indietro…
Un uomo ancora più barbuto e più scuro. Di carnagione almeno, se non di peluria. Sta dettando a uno scrivano, alle prese con un riottoso papiro. La stanza di pietra non basta a stemperare il calore africano.
Caino sospira, a disagio in presenza di un santo. Eppure attende in silenzio.
“Prego sempre: mio Dio, rendimi immune a ogni tentazione. Ma, per favore, non adesso.”
Avanti, con giusto un’occhiata fugace all’incarto sul comodino…
Il giovane è stravaccato su un divano di pelle, al ripario in una roulotte. Fa più fresco adesso, eppure lui se ne sta a torso nudo, con una collanina di perle intorno al collo, la criniera di che gli ricade mossa sulle spalle bianche. Non ci vuole nulla a immaginarlo con la barba, anche se la somiglianza con il Messia in persona mette paura. Si stiracchia come una lucertola, prima di schiudere tra le labbra una voce di velluto.
“Ascolta… La perenne tentazione della vita è quella di confondere i sogni con la realtà.”
No, troppo avanti, troppo.
Poi tornando indietro bisogna fare i conti con l’odore di zucchero nell’aria…
Non sta bene intrufolarsi nel budoir di una giovane donna, figuriamoci di un’imperatrice. Ma Caino è disperato e ha bisogno di consigli all’altezza. In effetti è difficile a dirsi se lei sia più bella o più disperata, lì, nel bel mezzo del massimo sfarzo austroungarico. Ci scriveranno dei libri e gireranno dei film, sicuro come l’oro. Lei intanto compone poesie.
“Dolce anima. L’ora della tentazione è suonata / E vile come un cane sono tornata.”
Basta, basta! Avanti, solo un poco. Senza pensare alla frittella in attesa.
Un colossale gentiluomo con la grazia e lo spirito di una vespa. Bizzarra creatura da bestiario, non c’è che dire. L’aria è quella di Londra, ma tutto è un cerchio e il cuore che batte è di nuovo irlandese. Il padrone di casa poggia una mano, pesante e delicata a un tempo, sulla spalla di Caino. E’ l’unico con l’ardire di toccarlo.
“Credimi, l’unico modo di sbarazzarsi di una tentazione è cedervi.”
Di nuovo avanti, chiudendo occhi, naso e orecchie.
Ebbe l’impressione d’intravedere un vecchio gentile, con un abito impeccabile e le mani incrociate sull’impugnatura del bastone da passeggio. Sussurrava parole inafferrabili, capaci solo di lasciarsi dietro un accento latino. Poi Caino tornò.
Nel suo letto. Per quanto possa essere tuo il letto di una stanza in affitto. Seduto sul materasso, sfilò appena la frittella dall’incarto, assaporandone lo scricchiolio.
Restava solo una cosa da fare a questo punto.
Rivide Abele, come aveva sempre desiderato. E temuto. E sperato. E negato.
Sorrideva tra il felice e il confuso.
“Tu hai ucciso me, o io ho ucciso te? Non ricordo più.”
Teneva i palmi rivolti verso di lui, forse sul punto di tendergli una mano.
Caino si sfiorò la fronte con due dita.
Era solo nella stanza, la faccia tra le mani. Quasi sicuro di non averla mai lasciata.
Non aveva il coraggio di far filtrare uno sguardo per vedere se aveva davvero ceduto alla tentazione. Invece permise a un sussurro di scivolargli in mezzo alle dita.
“Ho già morso. Ho già rimorso. Quello non si consuma mai.”
Inspirò, raddrizzando la schiena.
“Mi tengo la colpa. Mi tengo la storia. La nostra, fratello.”
D’improvviso ghignò.
“E fanculo al perdono.”
Categorie: Gola - Le frittelle di Caino
Abele e Caino s’incontrarono dopo la morte di Abele. Camminavano nel deserto e si riconobbero da lontano, perché erano ambedue molto alti. I fratelli sedettero in terra, accesero un fuoco e mangiarono. Tacevano, come fa la gente stanca quando declina il giorno. Nel cielo spuntava qualche stella, che non aveva ancora ricevuto il suo nome. Alla luce delle fiamme, Caino notò sulla fronte di Abele il segno della pietra e lasciando cadere il pane che stava per portare alla bocca chiese che gli fosse perdonato il suo delitto. Abele rispose: “Tu hai ucciso me, o io ho ucciso te? Non ricordo più: stiamo qui insieme come prima”. “Ora so che mi hai perdonato davvero” disse Caino “perché dimenticare è perdonare. Anch’io cercherò di scordare”. Abele disse lentamente: “È così. Finché dura il rimorso dura la colpa”.
Elogio dell’ombra – Jorges Luis Borges
Categorie: Superbia - Le citazioni su Caino
La penultima frittella. Wow. Suona proprio strano. Ma non è ancora il momento del boccone della creanza, l’ultimissimo che si lascia nel piatto per far capire che si è sazi, perciò non pensiamoci adesso. Del resto gli imprevisti sono all’ordine del giorno.
Infatti io non avevo idea di dove Oscar sarebbe andato a parare questa volta: non saranno parole da vera cuoca, ma l’ingrediente segreto non era contemplato. Credevo fosse una cosa tipo placebo, tipo la fiducia in se stessi o l’incazzosità imperante di Caino. Invece… In fondo ci dev’essere una ragione se si dice “nero come il peccato” per riferirsi a un buon caffè, no? Quindi giù a disegnare. E ritagliare.
Mi ero ripromessa di evitare la crudele e raffinata arte del ritagliato, perché richiede un sacco di tempo. Ma, non appena mi è venuta l’idea dell’albero inscritto nella mela, ho saputo di essere fregata. C’erano persino i semini, capite? Semini da ritagliare.
Così ci sono ricascata. Devo ammettere, però, che, dopo essere partita a spron battuto con l’albero, non sapevo bene come regolarmi per lo sfondo. Con Oscar abbiamo sfogliato una serie di simboletti strani, più o meno esoterici ed ammiccanti all’eternità, finché mi sono resa conto che non ci sarebbe stato niente di meglio del giorno e della notte. C’erano persino nel Paradiso Terrestre, sono espressamente citati. E da lì si rincorrono, non solo ogni giornata della nostra vita, ma anche in ogni libro che leggiamo con il loro simbolismo chiarissimo ed efficace di bene e male.
Caspita che discorso mi è uscito stavolta! Del resto cos’altro vi posso dire di matite e forbici? Giusto di non ascoltare quelli che vi dicono di usarle a punta arrotondata, una volta finite le scuole elementari.
Maria
Ecco qui, dall’Inferno al Paradiso, seguendo la linea ondivaga di un serpente. Fa uno strano effetto avvicinarsi al finale di una storia che è stata sempre e solo episodica, senza una struttura predeterminata. Da un lato non si vuole attaccare qualcosa di posticcio per forza, dall’altro non si può negare che tutto e tutti hanno bisogno di una fine. Per sentirsi appagati o anche solo per restare delusi, ma voltando pagina.
Maria ne parla come se io avessi un piano diabolico fin da principio, ma la verità è che sapevo solo di voler usare la Genesi in chiusura. Anche se dopotutto è un controsenso simpatico, questo non significa che avessi già per le mani o quanto meno in mente il frutto proibito come ingrediente delle frittelle. E’ una di quelle risposte che ti vengono naturali, proprio quando ti servono. Et voilat, il gioco è fatto.
Poi mi sembrava strano di non aver ancora dato la parola al Maligno, all’Avversario, a quello che potrebbe essere il nume tutelare di Caino… Se non fosse che per definizione non tutela proprio nessuno. Del resto Caino è scampato a ogni punizione, mentre a lui è toccato precipitare dalle stelle alle stelle, perciò a ben vedere sono storie ben diverse.
Resta proprio un ultimo punto di domanda. Caino resisterà alla tentazione? No, d’accordo non suona come una domanda seria. Allora piuttosto… Caino potrà infine assaggiare una delle sue frittelle? E cosa accadrebbe in quel caso?
Un affastellamento d’interrogativi che fa tanto conclusione di un episodio da serie televisiva di terz’ordine. Dai, venite a provare anche l’ultima frittella di Caino!
Oscar
Categorie: Accidia - Le fatiche per Caino
Di tanto in tanto Caino faceva un salto al Giardino dell’Eden. Sì, proprio quello precluso all’umanità dopo il grosso equivoco del serpente e della mela. Non c’è da sorprendersi visto che il marchio, esiliandolo dall’umanità e dal corso del tempo, funzionava egregiamente come lasciapassare per i luoghi più impensabili. Bastava stare attento a non incontrare i propri genitori, rispettando in pieno il più classico cliché da storia sui viaggi nel tempo: paradossi? No, grazie. La vita è già abbastanza dura.
Nel Paradiso Terrestre non lo era, penserete. Eppure a Caino non è mai passato per l’anticamera del cervello di restarci. Perché? E’ presto detto: il Giardino ha chiuso i battenti e si sente. Non che stia andando in rovina, intendiamoci, è pur sempre la più perfetta tra le creazioni dell’Onnipotente. Ma immaginatevi un parco di divertimenti deserto. Da secoli, anzi, millenni. Senza nemmeno l’ombra del ricordo dell’eco delle risate di un bambino. C’è davvero bisogno della ruggine e della decadenza, per sentirsi a disagio in un posto che ha perso per sempre la propria funzione?
Si diceva di evitare Adamo ed Eva. Niente di più facile, ignari e innocenti per definizione com’erano. Roba che bastava tirare un sasso tra le frasche perché si fermassero a interrogarsi per ore sul prodigioso suono, mai udito prima. Come tutti sanno, però, la prima coppia della storia non rappresenta l’unico abitante senziente dell’Eden. E non mi riferisco al Signore. Bensì all’Altro. Ecco, aggiungiamoci che la meta di Caino era proprio quell’Albero lì e capite da voi che il Serpente non può restare fuori dalla storia.
“Sssalve apossstata sssacril…”
“Falla finita, Sssatanasssso.”
Così, lingua tra i denti, i due ceffi peggiori dell’intera Genesi si fissavano. Uno attorcigliato tra i rami, come da copione, l’altro con una sporta da riempire di pomi.
“Si fa rifornimento per le frittelle, Caino?”
“Già. Non è che mi faresti cadere qualche mela, vero?”
“Certo. Vuoi anche un massaggio ai piedi?”
Il primo assassino scuote la testa, lo sguardo fisso a terra. Dopo un istante, però, sente cadere un primo frutto, poi un secondo. Prima di raccoglierli, si volta sospettoso verso il serpente.
“In cambio devo firmarti un contratto con il sangue?”
“La tua anima è una cambiale scaduta da un bel pezzo. Diciamo che sono di buon umore, oggi. Sì, mi sono svegliato con le spire dalla parte giusta.”
Sibilando contento, il rettile scende di ramo in ramo.
Caino, intanto, finisce di riempire la sporta, ne saggia il peso e decide di sedere un attimo. La schiena dritta contro l’Albero della Conoscenza.
“Allora batto il ferro finché è caldo. C’è una cosa che ho sempre voluto chiederti.”
“Come infrangere il tuo marchio?”
Gli occhi neri del serpente catturano quelli dell’uomo. Un istante di silenzio sull’orlo dell’ipnosi, poi il primo assassino sorride e scuote la testa.
“Magari tu non sarai Uno e Trino, però sei quello che ci va più vicino. Se adesso tornassi giù, tra i ghiacci dell’Inferno, ti troverei lì a sgranocchiare Giuda, Bruto e Cassio.”
“Quale sarebbe la domanda?”
“Dove si sta meglio?”
I serpenti possono ridere? O forse quello biblico aveva dei sonagli?
“Un classico. Meglio servire in Paradiso o regnare all’Inferno?”
“Ecco, sì.”
“Diciamo solo che il beneamato Milton era un completo imbecille.”
Capita l’antifona, Caino si alzò e riprese la sua sporta.
“Alla prossima.”
Si stava già allontanando verso l’orizzonte, terso e assolato come sempre, quando il sibilo tornò a stuzzicargli le orecchie.
“Non avere tanta fretta, Caino. Adesso tocca a me.”
Con un sospiro, il primo assassino tornò a voltarsi.
“Dovevo immaginarlo.”
“Eh, tale padre, tale figlio. Che ci vuoi fare?”
“Prenderti a pietrate non servirebbe. Giusto?”
Ormai il serpente era strisciato a terra, forse per sfidarlo a calpestarlo.
“Dimmela tu una cosa. Hai mai mangiato una delle tue frittelle?”
“No.”
“E perché?”
L’Avversario non aspettò una risposta, del resto non era quello che gli interessava davvero. Non fece nient’altro per tentarlo, gli bastò un punto di domanda e qualche manciata di silenzio. Persino dopo che Caino ebbe sfiorato il marchio, sparendo verso chissà quale tempo e luogo, l’interrogativo continuò ad aleggiare, come l’eco di una voce straniera, nel bel mezzo del Giardino dell’Eden.
Categorie: Gola - Le frittelle di Caino